Ed eccoci qua, due settimane ed è pronto il nuovo episodio della vostra newsletter quantistica preferita (o forse l’unica, chissà).
Allora, come stanno andando i preparativi per le vacanze di Pasqua?
Programmi particolari? Secondo voi pioverà a Pasquetta?
…
…
…
Sì, questo è quello che sarebbe potuto succedere nel mondo ideale in cui la newsletter sarebbe uscita quando pensavo. Ovvero due settimane fa.
E invece eccomi, colpevolmente in ritardo. La buona notizia è che già sappiamo come è andata a Pasquetta. Qui a Monaco non ha piovuto, spero sia stato lo stesso dovunque vi sia capitato di passarla.
Vi racconto un paio di inutili scuse su questo ritardo di due settimane. No, non ero a corto di idee dopo l’ultima newsletter. Al contrario: avevo in mente un piano grandioso per l’episodio successivo. Volevo parlavi dell’esperimento sui time crystals che è stato fatto qualche mese fa con il computer quantistico di Google e che è stato pubblicato sulla rivista Nature lo scorso novembre.
Il piano era anche ambizioso, perché avevo in programma di approfondire bene l’argomento per potervene raccontare le varie implicazioni e interpretazioni. Solo che non avevo fatto i conti con l’altra conseguenza di un avere un piano ambizioso: c’erano troppi elementi di cui parlare per poterlo facilmente condensare in un solo episodio.
Così ho deciso di preparare prima un episodio introduttivo al tema. Quello che vedete qui. Nel frattempo però non ho fatto i conti con il fatto che avevo in programma di partecipare ad una conferenza a Vienna. La prima vera conferenza in presenza dall’inizio del 2020. Esperienza bellissima, che mi mancava, ma anche molto totalizzante (se volete, trovate qualche info sulla conferenza in questo articolo di blog, con feature anche di una mia foto del gruppo di partecipanti).
Ecco che tra un cambio di idee e una settimana piena di seminari, siamo arrivati alle vacanze di Pasqua e a me che, dopo una piccola passeggiata al sole, mi siedo a finire di scrivere questa introduzione per fare uscire l’episodio per domani martedì 19 Aprile.
In questo episodio vi voglio parlare di quantum simulation, che è forse l’applicazione più interessante a breve termine per i computer quantistici. Perché già con computer abbastanza piccoli potremmo fare cose molto fiche. Ovvero interessanti a livello scientifico.
Mi spiego meglio.
Così, de botto, cos’è la quantum simulation
L’idea della simulazione quantistica si può riassumere nella seguente frase: usare particelle quantistiche per simulare il comportamento di altre particelle quantistiche.
Che?
Ve lo faccio dire con le parole di un famoso fisico, tale Richard Feynman:
[…] nature isn't classical, dammit, and if you want to make a simulation of nature, you'd better make it quantum mechanical, and by golly it's a wonderful problem, because it doesn't look so easy
che, tradotta liberamente significa più o meno:
Pensate che tutto questo accadeva ad una lezione data da Feynman nel 1981, intitolata “Simulare la fisica con i computer“, che trovate interamente trascritta qui.
Questa citazione di Feynman viene spesso indicata come la prima formulazione ufficiale dell’idea della simulazione quantistica. E in effetti, considerate che all’epoca si iniziavano a mala pena a fare esperimenti con singoli fotoni, quindi non eravamo assoultamente al livello di poter intrappolare e manipolare atomi come possiamo fare ora.
Eppure il caro Feynman intuì che, come ulteriore motivazione allo sviluppo di nuove tecnologie per manipolare singole particelle, ci fosse proprio l’idea di poter costruire un simulatore quantistico.
Fatemelo spiegare meglio, visto che finora vi ho solo buttato addosso citazioni e paroloni.
Simulare significa cercare di riprodurre il comportamento di qualcun o qualcos’altro. Per definizione, una cosa che simula non è uguale a quello che cerca di simulare. Sennò sarebbe una copia esatta. Se vi dicessi che ho un smartphone che simula perfettamente il comportamento di un altro smartphone, mi direste: “E grazie al cavolo”.
Ma se vi dicessi che ho costruito, con qualche pezzo di legno, uno specchio, due lampadine e tanta inventiva, una cosa che ha uno schermo touch, può mandare messaggi su Whatsapp, guardare video su Youtube e fare foto con i filtri, la questione sarebbe abbastaza più interessante.
Prima cosa, però, mi direste di cercarmi degli avvocati e aspettare una telefonata da Tim Cook.
Non vi sto proponendo di usare una manciata di atomi per costruirvi il prossimo smartphone, non vi preoccupate. La questione è un po’ diversa, e, seguendo il ragionamento di Feynman, richiede che entri in gioco la nostra amata meccanica quantistica.
Simulare uno smartphone con degli atomi sarebbe come tentare di tagliare il prosciutto a cubetti con una spada laser. Non abbiamo bisogno di tutta questa fatica, visto che fare uno smartphone non ci viene troppo difficile. Non solo, ma uno smartphone non lo troverete facilmente in uno stato di sovrapposizione quantistica. Quindi, che bisogno c’è di usare delle particelle per imitarlo, se non c’è nulla di quantistico nel suo comportamento?
Le cose cambiano, se ora ci mettiamo in testa di simulare il comportamento di una molecola d’acqua. Abbiamo a che fare con qualcosa di microscopico e che non possiamo escludere che si comporti esattamente secondo le regole della fisica quantistica. Anzi, è praticamente una certezza.
Le molecole di acqua intorno a noi sono un bel po’ (e per fortuna, direi). Ma non possiamo prenderne una con le mani e guardarla al microscopio per capire quello che fa.
È qui che entrano in gioco i simulatori quantistici: immaginate di avere a disposizione una manciata di atomi che avete lì nel vostro laboratorio, intrappolati da dei fasci laser in modo che non possano scappare da un’altra parte. E immaginate di poterli manipolarle in modo da modificare il modo in cui interagiscono fra loro.
In particolare, immaginate di poterlo modificare in modo tale che oguno degli atomi si comportasse “come se” fosse esattamente uno degli atomi di una molecola d’acqua. Di nuovo, non esattamente, nel senso che i miei atomi non devono neanche essere quelli presenti in una molecola di acqua (due di idrogeno e uno di ossigeno). Possono essere atomi di tutt’altro, facciamo di ferro ad esempio. Però siamo in grado di manipolarli così che magari, due atomi di ferro si comportino come un atomo di ossigeno, mentre altri due atomi si comportino come ognuno dei due atomi di idrogeno della molecola d’acqua.
Ora potremmo dire di avere fra le mani qualcosa che si comporta esattamente come una molecola d’acqua, ma non è una molecola d’acqua. Però la simula. E ce l’abbiamo direttamente nel nostro laboratorio, bloccata lì. Così da poterne studiare il comportamento per bene.
La cosa bella è che, allo stadio della tecnologia in cui siamo, queste cose neanche abbiamo bisogno di immaginarcele. Sono a nostra dispozione. Siamo effettivamente in grado di intrappolare e manipolare atomi con un certo grado di variabilità ormai.
Insomma, l’idea di un simulatore quantistico non è affatto lontana. È qualcosa che appartiene ormai al nostro presente.
Simulazione analogica e digitale
Fatemi spiegare meglio che significa, in concreto, simulare un sistema di oggetti e/o particelle.
Pensate a chi deve produrre un film di animazione e vuole che i personaggi e gli oggetti che compaiono sembrino effettivamente reali. In quel caso sappiamo benissimo che quelle che stiamo vedendo sono figure tridimensionali fatte di pixel illuminati sullo schermo del cinema, e non persone oppure oggetti reali. Però si muovono “come se” fossero persone o oggetti reali.
Questo è esattamente un esempio di simulazione fatta con un computer classico. Per dirla nel linguaggio della fisica, '“simulare il comportamento” significa fare muovere gli oggetti e le persone secondo le leggi della fisica classica. E per dirla a livello matematico, significa usare la seconda legge di Newton - la FaceApp della fisica classica - per cambiare posizione e velocità di oggetti e persone nel tempo.
Una simulazione fatta bene non ci permette di distinguere facilmente tra un oggetto reale e la sua versione simulata. Perché a conti fatti le due cose si muoveranno esattamente allo stesso modo. Cadranno da un palazzo con la stessa accelerazione. O guideranno una macchina esattamente nello stesso modo.
All’atto pratico, quello che fa una simulazione al computer è esattamente risolvere l’equazione della seconda legge di Newton. Non con carta e penna, ma con un algoritmo. Nel caso del film di animazione, ogni fotogramma è come se fosse una lista di posizioni e velocità degli oggetti che sono presenti nella scena. A quel punto, il computer deve prendere quel fotogramma e spostarlo in avanti di un pò. Diciamo, ad esempio, di mezzo secondo.
Questa versione “invecchiata” del fotogramma precedente avrà tutti gli oggetti spostati a seconda delle forze a cui erano soggetti. E la nuova lista di velocità a cui si muovono. Ed ecco che abbiamo ottenuto il fotogramma successivo. Ora non resta che spostarlo ancora, e ancora, e ancora, e ancora e ….. fino ad arrivare alla fine del film.
Il caso dei film di animazione è un classico esempio di simulazione digitale. Il motivo per cui si definisce digitale è che non stiamo riproducendo il comportamento degli oggetti in modo continuato. Ma solo a fotogrammi intervallati fra di loro da una distanza di tempo specifica.
Il contrario di una simulazione digitale è la simulazione analogica. Quindi non fatta a fotogrammi distanziati ma con degli oggetti che si muovono in tempo reale. È un pò come la differenza fra un film di animazione e uno girato con una videocamera a pellicola.
Un bell’esempio di simulazione analogica sono i crash test per le macchine. In quel caso, si cerca di simulare un incidente d’auto per capire se e come il veicolo reggerebbe l’eventuale urto. E non è che si fa un video di animazione della cosa. Si prende proprio una copia dell’auto e si cerca di riprodurre in tutto e per tutto la dinamica di un incidente. In tempo reale.
Ora, tutta questa cosa della simulazione si può ripetere in maniera molto simile per il caso quantistico. Solo che stavolta gli oggetti nel nostro film di animazione (o nel nostro crash test) sono delle particelle. E quindi per invecchiare il fotogramma dobbiamo usare la FaceApp quantistica, ovvero l’equazione di Schroedinger.
E così come per il caso della fisica classica, anche per il mondo quantistico si possono distinguere simulazioni analogiche e digitali. I computer quantistici, come quello di Google o di IBM, sono più adatti a quelle digitali. Mentre ci sono altre piattaforme, come il caso dei cosiddetti atomi freddi o degli atomi di Rydberg, che sono più adatte a simulazioni analogiche. E infatti vengono spesso definite simulatori quantistici, piuttosto che computer quantistici veri e propri. E ci sono anche piattaforme, come gli ioni intrappolati della start-up IonQ, che sono un po’ un ibrido, e potrebbero essere utilizzate per entrambi i tipi di simulazione.
Ok, ma perché dovrebbe interessarmi la simulazione quantistica?
Perdonatemi, perché mi tocca di nuovo usare la versione newsletter di “ve l’avevo detto”.
Ovvero, vi ricordate di quando abbiamo parlato di giochi a premi classici e quantistici? Sì, ormai lo sapete che queste sono domande retoriche e che tanto ve lo rispiego comunque. Ma più rapidamente. Quindi se vi rimangono dubbi vi consiglio di fare un salto al link poco sopra.
La questione, in breve, è che descrivere il comportamento nel tempo di un insieme di oggetti macroscopici costa molta meno memoria che farlo per un insieme di particelle microscopiche. E la differenza è molto molto molto grande. Mentre nel primo caso il numero di parametri di cui tenere traccia cresce linearmente con il numero di oggi, nel secondo caso il numero di parametri cresce esponenzialmente con il numero di particelle. Questa è una delle grandi differenze che c’è tra il descrivere oggetti che si comportano secondo la fisica classica e particelle che obbediscono alle regole della fisica quantistica. Siccome il comportamento quantistico è di tipo probabilistico, siamo costretti ad elencare le probabilità di tutte le possibili posizioni e velocità delle particelle.
Ecco che, se volessimo farlo per 10 particelle, magari ci basterebbe scrivere tutti i parametri in una chiavetta usb da 256 megabyte, ma se volessimo farlo per 100, allora non ci basterebbe mettere inseme tutte le chiavette usb del mondo.
Insomma, se vogliamo simulare il comportamento di un insieme di particelle quantistiche, come minimo ci serve abbastanza memoria per descriverlo questo comportamento, no? E qui incappiamo molto rapidamente nel limite generato da questa crescita esponenziale.
Fatemi riprendere l’esempio del film di animazione di prima. Nel caso della fisica classica, mantenere in memoria un fotogramma non è troppo faticoso, anche se ci sono molti oggetti nella scena. Ecco perché ormai nei film di animazione ci possono essere scene estremamente affollate di persone e oggetti. Anzi, a volte, persino per i film veri e propri è preferibile usare una simulazione al computer anziché coinvolgere tante persone nella scena. Così come è stato fatto con gli eserciti nei film del Signore degli Anelli.
Nel caso della fisica quantistica, invece, i fotogrammi sono estremamente pesanti da tenere in memoria. E quindi, magari con 10 particelle va ancora bene, ma un film di animazione quantistico con 100 particelle non potrebbe neanche cominciare, perché non avremmo abbastanza spazio nel computer nemmeno per descrivere il primo fotogramma.
È qui che entra in gioco la simulazione quantistica. E anche l’idea di Feynman. Se le particelle quantistiche sono così difficili da descrivere con un computer tradizionale, perché allora non usiamo un computer quantistico? A quel punto problemi di memoria non ce ne sono più, perché possiamo usare le particelle che rappresentano i qubit per descrivere il comportamento delle particelle che vogliamo simulare.
Come fare, ad esempio, se le mie particelle sono in sovrapposizione di tante possibilità diverse? Basta usare altre particelle in sovrapposizione per descriverle. Ed ecco che tutto il problema della crescita di memoria esponenziale non c’è più. Per ogni particella, useremo un’altra particella per descriverla. O magari due, o tre, o una manciata. Ma ora il numero di particelle che servono per rappresentare il fotogramma quantistico non è più esponenziale, come il caso della memoria di un computer classico.
La simulazione quantistica è qui
Cerchiamo di mettere tutto insieme. Da un lato abbiamo la questione della memoria. Simulare il comportamento di qualche decina di particelle è fuori portata per qualunque computer tradizionale. Al contrario, usare un computer quantistico ci permette di fare una codifica uno a uno (o qualcosa di simile) del nostro fotogramma. Un qubit uguale uno degli atomi della nostra molecola.
Questo limite della memoria è particolarmente promettente, perché fa sì che persino simulazioni quantistiche di molecole “piccole”, cioè composte da qualche decina di atomi, siano un passo avanti rispetto alle informazioni che sono a nostra disposizione ora.
E visto che per ora, di avere computer quantistici composti di più di un centinaio di qubit non se ne parla, la simulazione quantistica è un’applicazione particolarmente a portata di questi prototipi attuali. Non solo a portata, ma anche interessante a livello scientifico. Perché ci permette di esplorare un regime che, per via del problema della memoria, già non è accessibile ai computer tradizionali.
E considerate anche che alcune piattaforme di simulazione quantistica analogica, come i Rydberg atoms, già ci permettono di fare esperimenti con più di 200 particelle. Il prezzo da pagare è che questi dispositivi non sono dei veri e propri computer quantistici, cioè non potrebbero effettuare qualunque tipo di algoritmo. Ma essendo progettati specificatamente per il compito di simulazione a cui sono dedicati, possono “permettersi” di essere più grandi di un prototipo di computer quantistico.
Poi c’è il fattore degli errori. I prototipi di computer (e simulatori) quantistici attuali sono pieni di imperfezioni. Che spesso causano degli errori indesiderati e incontrollati. Ora, se vogliamo usarli per un risolvere un determinato problema matematico, questo errori sono un gran problema.
Pensiamo al caso del problema dei pacchi di Amazon. Se vogliamo sapere qual è la strada più veloce che deve percorrere il furgone delle spedizioni, ma i nostri calcoli fanno degli errori, finiremo per scegliere il percorso sbagliato.
Invece, se siamo interessati a simulare il comportamento di una molecola, ci possiamo permettere delle imperfezioni. Già solo perché il mondo stesso in cui viviamo (e vivono le molecole) è pieno di variabilità e imperfezioni incontrollate. Nessuna coppia di molecole si troverà nella stessa identica situazione. E infatti, spesso nella simulazione, ci interessa di capire un comportamento a grandi linee, più che una risposta precisissima.
Un po’ come per il caso dei crash test. Non ci importa sapere che la macchina resiste a un urto sul lato destro esattamente a 124,54332 centimetri dai fanali. Ci serve capire ad esempio quanto, se colpita in una zona tra la prima e la seconda portiera, tende a rientrare la carrozzeria. E che rientri 20 o 22 centimetri, va comunque male, perché mette in pericolo i passeggeri.
Insomma, ci sono svariati motivi per cui la simulazione quantistica potrebbe proprio essere l’applicazione più promettente per i computer quantistici di ora. E proprio per questo motivo, credo che ne sentiremo parlare sempre più spesso. Anche nella prossima puntata della newsletter, dove vorrei parlavi in concerto di un bell’esempio di esperimento di simulazione quantistica.
E con questo passo e chiudo per questo tredicesimo episodio della newsletter. Spero che l’episodio sia piaciuto e vi abbia stimolato una sana dose di curiosità. Commentate qui
o scrivetemi in privato se avete domande/commenti/qualunque cosa. Sono sempre felice di leggervi e rispondervi.
Nel frattempo, noi ci rileggiamo fra due settimane. Speriamo davvero stavolta.
A presto!
Un disclaimer finale
Hai ricevuto questa email perchè qualcunə te l’ha inoltrata?
Ti svelo un segreto: fa parte di una newsletter. Si parla di meccanica quantistica e molte delle sue applicazioni più recenti, ma non solo. Ne mando una ogni due settimane, il martedì mattina.
Altrimenti, amicə come prima.
Puoi sempre recuperare tutti gli episodi passati e futuri sulla pagina Substack de la posta di Schrödinger.