La posta di Schrödinger S1.E2
Un sano elogio del principio di sovrapposizione, con un tentativo di intermezzo comico
Oggi parliamo del principio più importante della meccanica quantistica.
Ok forse sono un po’ provocatorio, ma seguitemi.
Per preparare questa newsletter stavo scorrendo i miei vecchi post su Instagram. Perché a volte il me stesso del passato mi sorprende assai. E mi ritrovo a leggere mie spiegazioni di due anni fa e dirmi “Figa sta cosa, ma quando l’hai pensata?”.
Insomma, se copio un pochino le mie vecchie produzioni, non è esattamente plagio, no? Alla fine il copyright è sempre il mio. Credo.
Fatto sta che una rapida ricerca ha rivelato che ho menzionato il principio di sovrapposizione in più di un post ogni 5.
E considerate che molti miei post sono meme e foto/video miei in cui faccio cose strane. Controllare per credere.
Insomma, sarà pure esagerato dire che il principio di sovrapposizione è il concetto più importante della meccanica quantistica, ma sicuro è uno dei miei preferiti.
E allora fatemi un po’ spiegare perché.
Come funziona il principio di sovrapposizione
Inizio a sorpresa, dicendovi che in realtà il principio di sovrapposizione non esiste solo in meccanica quantistica.
Ebbene sì, si parla di principio di sovrapposizione in molti campi della matematica e della fisica. Tipicamente quando si ha a che fare con delle equazioni che hanno la cosiddetta proprietà di essere lineari.
Provo ad essere un attimo più tecnico e vi cito il principio di sovrapposizione in maniera formale: un’equazione soddisfa il principio di sovrapposizione se, chiamando x e y due possibili soluzioni dell’equazione, allora anche a * x + b * y lo è.
(Parentesi rapida: quando scrivo a * x intendo a moltiplicato per x).
Considerate che, nella definizione del principio di sovrapposizione, a e b sono due numeri qualunque. Quindi significa che:
0.5 * x + 0.5 * y
0.7 * x + 0.3 * y
0.2 * x + 0.8 * y
sono, ad esempio, tutte possibili soluzioni.
In fisica (e non solo), ci sono un sacco di equazioni che hanno la proprietà di essere lineari. E che quindi soddisfano il principio di sovrapposizione. Un esempio è proprio la seconda legge di Newton, l’equazione più importante della fisica classica. L’arcinemica della meccanica quantistica, per capirci.
E allora perché vi faccio tutta ‘sta storia sul principio di sovrapposizione e la meccanica quantistica? Messo così non sembra poi così speciale ‘sto principio.
Il fatto è che, in meccanica quantistica, il principio di sovrapposizione si interpreta in una maniera molto particolare.
Mettiamo il caso che mentre camminavamo ci fosse caduto un elettrone dalla tasca, e stessimo cercando di ritrovarlo. A seconda di quanto è rimbalzato lontano, può essere che sia andato a finire vicino al semaforo, a 4 metri da noi. Oppure vicino al tombino, a 2 metri da noi. In questo esempio, i numeri 2 e 4 sono esattamente x ed y: due possibili soluzioni. Applicando il principio di sovrapposizione, sappiamo che un’altra valida possibilità è che l’elettrone sia caduto a
0.5 * 2 + 0.5 * 4
metri da noi.
Che distanza è mai questa?
Magari vi sarà venuta la tentazione di prendere una calcolatrice, fare i calcoli, ed ottenere il risultato di 3 metri. Ma purtroppo il principio di sovrapposizione in meccanica quantistica non funziona così. Il modo corretto di interpretare la formula
0.5 * 2 + 0.5 * 4
è dire che
l’elettrone ha una probabilità di 0.5 di essere caduto a 2 metri da noi e una probabilità di 0.5 di essere caduto a 4 metri da noi.
Siccome 0.5 è la metà di 1, significa che l’elettrone si sta comportando come se avessimo lanciato una moneta. Se lo facessimo cadere di tasca tante volte, metà delle volte cadrebbe a 2 metri da noi, e l’altra metà delle volte cadrebbe a 4 metri da noi. Esattamente come metà delle volte otteniamo testa e l’altra metà otteniamo croce, se tiriamo tante volte una moneta.
Non vi preoccupate, questa cosa non confonde solo voi. Il fisico Paul Dirac, per dire, era talmente confuso dal principio di sovrapposizione che ha proposto un modo di scrivere le formule tutto suo, così da ricordarsi di non fare la somma dei due numeri. Secondo la cosiddetta notazione di Dirac, la sovrapposizione delle due distanze di prima si scriverebbe
0.5 * | 2 > + 0.5 * | 4 >
In questo modo, Dirac ci aiuta a ricordarci che | 2 > e | 4 > sono le due possibili distanze, mentre i due numeri 0.5 a moltiplicare indicano le probabilità.
Ora potrete immaginarvi che la stessa storia si può ripetere con gli altri due esempi di sovrapposizione che citavo prima, ovvero
0.7 * | 2 > + 0.3 * | 4 >
e
0.2 * | 2 > + 0.8 * | 4 > .
L’interpretazione è la stessa: le possibili distanze sono sempre due (2 e 4 metri), quello che cambiano sono le probabilità. Ad esempio, nel primo caso l’elettrone ha più probabilità (ben 7 volte su dieci) di essere caduto a 2 metri da noi, mentre nel secondo cade a 2 metri da noi solo 2 volte su dieci.
Il principio di sovrapposizione, in meccanica quantistica, ci dice una cosa molto fastidiosa per il nostro senso comune. Ovvero che le proprietà delle particelle possono essere descritte con un certo grado di incertezza. Ci sono casi, insomma, in cui non possiamo sapere esattamente a che distanza si trova l’elettrone. Possiamo solo assegnare delle probabilità alle varie possibilità.
Qualcuno ha detto gatto?
Prima vi ho parlato di Paul Dirac, ma non era l’unico ad avere problemi con questa interpretazione probabilistica della meccanica quantistica. Erwin Schrödinger, ad esempio, invece di pensare ad una nuova maniera di scrivere formule, pensò bene di inventarsi una storia riguardante un gatto.
Quando ero uno studente di fisica, la storia del gatto di Schrödinger non mi andava per niente giù. Credo una grossa parte la facesse il mio pregiudizio negativo verso le cose mainstream.
Anche perché scommetto quanto volete che ognuno di voi ha perlomento sentito parlare di questo famoso esperimento immaginario. Magari non sapete esattamente di cosa si tratta. Ma se vi dico Schrödinger, non venitemi a dire che una delle prime cose che vi salta in testa non sia proprio la parola gatto. Ok, forse anche equazione. Ma poi il gatto arriva.
Non volte concedermelo? Allora ditemi almeno se non avete mai visto meme di questo tipo
Col tempo ho fatto pace con questa grande popolarità del felino quantistico. Al punto che mi ci sono comprato anche una bella maglietta nerd a tema. Sarà che era in sconto. Ed era anche una sorta di souvenir in ricordo di una conferenza in Brasile. Ma comunque l’ho comprata. Questa è una foto che ne attesta la prova.
La barzelletta di Schrödinger
In cosa consiste l’esperimento del gatto di Schrödinger?
Immaginate di mettere un gatto in una scatola accanto ad una boccia di veleno e ad un atomo radioattivo. Che poi non deve per forza essere una scatola. Potrebbe pure essere una stanza. O un ascensore.
Lo so, sembra quasi una barzelletta.
E niente, mo mi viente di raccontarvela così allora:
Un gatto e una boccia di veleno entrano in ascensore.
Il veleno dice: «A che piano vai?»
Il gatto risponde: «Miao»
Il veleno: «Pensa che coincidenza, anche io al terzo. Devo andare all’officina meccanica a farmi sistemare questo tappo. Qualche simpaticone ha deciso di chiuderlo in modo strano. Pare che ora si apra solo se un atomo radioattivo mi decade accanto. Non che ti convenga che io mi apra. Devi sapere che sono molto velenoso. Uno dei migliori sul mercato. Un paio di respiri in una stanza chiusa e saresti bello che andato. Sette vite. Tutte in un colpo. Velenossisimo. Fidati.»
Il gatto: «Miao?»
Il veleno: «Si certo, chiudi pure. Non mi sembra che gli altri qui vogliano entrare.»
Ancora il veleno: «Che poi dico, ma come ti viene in mente? Un atomo radiattivo? Ma tu ne hai mai incontrato uno per strada?»
Un atomo radiattivo, correndo a perdifiato, entra al volo in ascensore.
L’atomo: «Grazie regà, vado super di fretta. Io vado al terzo, voi?»
Le porte dell’ascensore si chiudono.
Sipario.
Se Schrödinger ve l’avesse raccontata così, avrebbe concluso chiedendo: quando la porta dell’ascensore si apre - al terzo piano - il gatto sarà sopravvissuto a questa improbabile avventura?
Dovete sapere che un atomo radioattivo è un classico esempio di sovrapposizione quantistica. In ogni momento, ha una certa probabilità di essere ancora intero ed un’altra di essere appena decaduto. Quindi, se lo mettiamo accanto al veleno, in acensore, trasferirà questa sua sovrapposizione anche a lui. Avremo perciò una boccetta che ha una certa probabilità di essere chiusa e un’altra di essersi improvvisamente aperta (coincidente con il caso il cui l’atomo è decaduto). Tutto questo si trasferisce anche al malcapitato gatto. Perché se ad un certo punto della salita il veleno si apre, il gatto muore. Mentre se rimane chiuso fino al terzo piano, il nostro caro gatto è fortunato e sopravvive.
La risposta alla domanda di Schrödinger quindi sembrerebbe essere: arrivati al terzo piano, il gatto è sia vivo che morto. E’ in una sovrapposizione dei due casi, proprio perchè l’atomo era in sovrapposizione.
L’idea di Schrödinger, con questo esempio, non era esattamente quella di far colpo sulla gente ad una festa. Quello che ci voleva dire Schrödinger è quanto sia paradossale la meccanica quantistica, se la trasportiamo agli oggetti alla nostra scala.
Immaginate un mondo in cui andando al supermercato e chiedendo il prezzo delle mele, vi venisse risposto: "Con probabilità 0.5 oggi stanno a 5 euro, ma con probabilità 0.5 le pagate 10 euro"!
Fotoni in sovrapposizione
Belli gli esperimenti immaginari, ma proviamo ad essere più concreti. Quand’è che si può incontrare una particella in sovrapposizione, nella realtà?
Lasciando da parte storie improbabili di elettroni che cadono dalle tasche, vi racconto un esempio di sovrapposizione quantistica che potete fare (quasi) a casa.
Quello che vedete in foto è l'effetto causato da un fascio laser inviato contro un beam splitter (in italiano si tradurrebbe "divisore di fascio"), ovvero una sorta di specchio costruito in modo tale da dividere la luce esattamente a metà. In termini più specifici, un beam splitter è un dispositivo ottico che ha la caratteristica di lasciar passare esattamente metà dell'intensità della luce che incide su di esso, riflettendo il rimanente.
Fin qui nulla di strano, no?
Però cosa succede se invece di usare un fascio laser inviassimo al beam splitter una sola particella di luce, un fotone? Verrebbe riflesso o trasmesso? La risposta corretta è: un po' di entrambi. Ovvero, con probabilità 0.5 è stata trasmessa attraverso lo specchio e con probabilità 0.5 è stata riflessa.
Ecco a voi un classico caso di particella in sovrapposizione quantistica. Abbiamo un fotone che, giusto prima di arrivare a toccare il beam splitter, viaggiava in una direzione ben definita. Invece, subito dopo essere passato attraverso lo specchio, ci ritroviamo a non saper più prevedere con certezza da che direzione uscirà.
I beam splitter si comprano online a prezzi ragionevoli. I laser pure. Per questo dico che potreste quasi rifare un esperimento del genere a casa.
Quello che vi manca è di passare dal fascio laser intero - in pratica una bella manciata di fotoni tutti insieme - a mandare un singolo fotone.
Arrivare a farlo non è così semplice. Considerate che per passare dalla nascita del termine fotone ad un esperimento in cui è stato prodoto e manipolato un singolo fotone, ci sono voluti svariati decenni.
Però ormai generare singoli fotoni è una procedura standard in moltissimi laboratori di informazione quantistica in tutto il mondo. E fare un esperimento come quello che vi ho descritto è un modo di toccare con mano il fatto che la sovrapposizione quantistica si interpreta proprio come una nozione di incertezza.
Fatemi spiegare un attimo meglio.
Il punto è che la nozione di probabilità si comprende in maniera molto più intuitiva se la vediamo come un fenomeno statistico. Ovvero se la applichiamo ad un evento che si ripete tante volte.
Pensate all’esempio dell’elettrone che cade dalla tasca. Per spiegarvi la sovrapposizione 0.5 e 0.5, ho immaginato di ripetere la stessa scena tante volte. Anche perché altrimenti sarebbe impossibile accorgersi della sovrapposizione, no?
Se ho un solo elettrone in sovrapposizione che mi cade dalla tasca, possono accadere solo due cose. O lo trovo a 2 o lo trovo a 4 metri da me. Supponiamo di trovarlo a 2 metri da me. Come faccio a sapere che in realtà l’elettrone era in sovrapposizione quantistica? E che quindi aveva anche una certa probabilità di cadere a 4 metri da me?
L’unico modo per capirlo è prendere tanti elettroni uguali, farli cadere dalla tasca, e vedere che succede. Se comincio a notare che alcuni cadono a 2 e altri a 4 metri da me, allora posso immaginare che c’era una sovrapposizione in gioco.
Ma c’è ancora una differenza importante da fare. Un conto è prendere tanti elettroni e farli cadere tutti contemporaneamente. Un conto è farli cadere uno alla volta. Questa è esattamente la stessa differenza tra mandare un fascio laser (tanti fotoni insieme) contro un beam splitter, oppure mandarci tanti fotoni uno alla volta.
Nel primo caso, quando il fascio si divide in qualche modo a metà, potremmo ancora pensare che tutto fosse deciso in anticipo. Magari i fotoni si erano messi d’accordo fra di loro e si erano divisi in due gruppi: uno che va in una direzione di uscita del beam splitter, e uno nell’altra. In questo senso, l’incertezza non c’è: abbiamo solo due gruppi diversi di fotoni che viaggiano insieme nel fascio laser. Ma ogni singolo fotone ha un comportamento predicibile: in pratica ha già deciso in che direzione andrà.
Se invece mandiamo i fotoni uno alla volta, non c’è storia. Vediamo che ognuno prende una decisione diversa: una volta un’uscita del beam splitter, una volta l’altra. Solo che stavolta è un po’ difficile immaginarsi che tutti questi fotoni solitari si siano messi d’accordo in anticipo sul dove andare.
Niente, ho voluto chiudere con un discorso un po’ complesso, su cui sicuramente ritorneremo perché va affrontato per bene. Perdonatemi, è che su questi temi non mi reggo molto. Trovo molto affascinante che i progressi tecnologici, che ci permettono ora di manipolare e osservare singole particelle (i fotoni in questo esempio), ci diano anche modo di riflettere sulle interpretazioni della meccanica quantistica, a più di un secolo di distanza. Oltre ad essere i progressi alla base di un intero nuovo campo di ricerca, quello dell’informazione quantistica.
Ma a questo ci arriveremo per gradi. Io intanto passo e chiudo per questo secondo episodio di newsletter. Come sempre, spero che vi sia piaciuto e vi abbia stimolato una sana dose di curiosità. Commentate qui
o scrivetemi in privato se avete domande/commenti/qualunque cosa. Sono sempre felice di leggervi e rispondervi. Nel frattempo, noi ci rileggiamo fra due settimane.
A presto!
Post scriptum
Qualcun@ di voi sarà arrivat@ qui giù con la sensazione di essersi pers@ qualcosa.
Magari vi state chiedendo: “Ma all’inizio parlavi tanto di equazioni e principio di sovrapposizione, dov’è l’equazione che soddisfa il principio di sovrapposizione in meccanica quantistica?”
La risposta breve che vi do ora è: chi altri, se non la famigerata equazione di Schrödinger?
Per la risposta lunga, non mi resta che promettervi che ne parleremo meglio in una delle prossime newsletter.
Un disclaimer finale
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"Nel primo caso, quando il fascio si divide in qualche modo a metà, potremmo ancora pensare che tutto fosse deciso in anticipo. ... In questo senso, l’incertezza non c’è: abbiamo solo due gruppi diversi di fotoni che viaggiano insieme nel fascio laser. Ma ogni singolo fotone ha un comportamento predicibile: in pratica ha già deciso in che direzione andrà."
Nel passaggio sopra citato, suddividere il fascio in due - prima del beam splitter - è un "esercizio mentale" o effettivamente c'è qualche quantità misurabile?
Il dubbio mi è venuto leggendo l'ultima frase dove "ogni singolo fotone ha un comportamento predicibile" che, almeno a quanto ho capito, sarebbe in contrasto con il comportamento di un singolo fotone sparato contro il beam splitter. O forse con "predicibile" lo intendi sempre come "esercizio mentale" e nella pratica non abbiamo comunque modo di prevedere se sarà riflesso o trasmesso?