Dentro questa storia ci sono un sacco di storie. Ma non ve le posso spiegare tutte in dettaglio.
Però voglio usarla per darvi un assaggio di quello che può significare fare quantum simulation. E che tipo di domande e risposte interessantissime può dare.
Tutto nasce da un messaggio Whatsapp che mi è arrivato qualche mese fa. Che diceva testualmente: “Mi devi spiegare domani questo articolo se possibile. A domani!”. L’articolo in questione era un pezzo della rivista online QuantaMagazine, dedicato ai cosiddetti time crystal.
La ragione per cui questo mio amico voleva sapere di time cristals non aveva molto a che vedere con la fisica. Ma fatto sta che io quell’articolo mi sono messo a leggerlo e la questione mi ha talmente appassionato che mi sono ripromesso subito di parlarne qui nella newsletter.
E quindi eccomi qua, dopo svariate settimane di preparazione e qualche imprevisto, pronto a raccontarvi cos’è che trovo particolarmente interessante di questo esperimento.
Fate un respiro profondo e preparatevi a tuffarvi in un mondo senza equilibrio e in costante oscillazione. Si va.
La termodinamica delle fiabe
Per questa storia dobbiamo partire da molto lontano. Non così lontano da scomodare Newton però. Ci possiamo permettere di saltare di qualche decennio in avanti, per arrivare alla nascita e allo sviluppo del campo della termodinamica.
La termodinamica è la branca della fisica che si occupa di descrivere come cambiano le proprietà dei materiali a causa di scambi di energia fra di loro. E lo fa descrivendone il comportamento in termini di tre grandi caratteristiche macroscopiche: volume, pressione e temperatura.
Possiamo usare le tecniche della termodinamica per descrivere cosa succede a dell’acqua quando la mettiamo nel freezer. Oppure quando proviamo a sciogliere del burro in una padella.
Per questa storia, però, non ci interessano tanto i dettagli delle leggi della termodinamica. Quello su cui mi voglio soffermare è solo un concetto in particolare. Uno dei più importanti della termodinamica. Se non proprio il più importante.
Mi riferisco al concetto di equilibrio.
Quando descriviamo i cambiamenti termodinamici che avvengono agli oggetti attorno a noi, partiamo sempre da un’idea principale: tutto parte da una situazione di equilibrio e tutto torna ad una situazione di equilibrio.
Un po’ come nelle fiabe. Si inizia con il “c’era una volta” e si finisce con il “e vissero felici e conenti”. Certo, nel mezzo possono succedere le cose più drammatiche e incasinate possibili. Ma alla fine delle mille peripezie dei personaggi, si torna ad un nuovo equilibrio. Per la termodinamica tradizionale, quello che succede nel mezzo non importa, ci si interessa solo di capire, dato come è fatto il “c’era una volta”, cosa possiamo sapere del “vissero felici e contenti”.
Faccio un esempio concerto.
A tema estivo, visto che ormai i tempi sono maturi.
Immaginate di rientare a casa dopo una bella giornata al sole e avere proprio voglia di una Fanta con ghiaccio. Prendete la vostra lattina di Fanta dal frigo, un bicchiere dalla credenza e qualche cubetto di ghiaccio dal freezer. Versate tutto nel bicchiere, state per dare un sorso, ma chiamano al telefono e vi distraete. Quando ritornate in cucina dalla telefonata, vi trovate di fronte ad un bel bicchiere di Fanta annaquata, che ha pure strabordato fuori, senza più traccia del ghiaccioli.
Ecco, questo è un perfetto esempio di cambiamento termodinamico.
(E anche di tempismi sbagliati delle telefonate.)
All’inizio, la lattina, il ghiaccio e il bicchiere se ne stavano buoni buoni nei loro equilibri. Ognuno con la sua temperatura, volume e pressione. Poi li abbiamo messi tutti insieme e ce ne siamo dimenticati per un po’. Rientrando in cucina, ci ritroviamo di fronte una nuova situazione di equilibrio. Le temperature del bicchiere e del liquido all’interno ora saranno uguali, il ghiaccio sciogliendosi ha occupato un volume maggiore, facendo strabordare la Fanta dal bicchiere.
Cos’è successo nel mezzo non lo sappiamo per certo. Ma non ci importa tanto, perché in ogni caso siamo arrivati ad un nuovo equilibrio. E la termodinamica ci permette di descriverne i parametri (temperatura, volume e pressione), a partire da quelli dell’equilibrio percedente.
Ora, tutta questa cosa dell’equilibrio funziona molto bene se guardiamo a parametri macroscopici come la temperatura. Ed infatti è proprio così che possiamo definire una condizione di equilibrio. Uno stato degli oggetti per cui temperatura, pressione e volume non cambiano più nel tempo.
La storia è molto diversa se andiamo a vedere le caratteristiche microscopiche degli oggetti. Non è che le molecole di Fanta nel bicchiere se ne stanno tutte ferme senza fare niente. E certamente la loro velocità e posizione cambia nel tempo, anche in una situazione di temperatura, volume e pressione costanti. Ma noi non possiamo vedere questi cambiamenti ad occhio nudo, e quindi a livello macroscopico, ci sembra che tutto rimanga pressoché uguale.
Ma la situazione ora sta cambiando. Come vi dicevo qualche newsletter fa, la tecnologia di oggi ci permette di osservare e manipolare con grande precisione anche singole particelle. Quindi possiamo andare a vedere cos’è che succede a queste molecole di Fanta, sia durante l’equilibrio, che nella transizione tra uno stato di equilibrio e l’altro.
E questo grado di precisione ha stimolato, negli ultimi decenni, un nuovo interesse nel capire “come” succede che tutto torni sempre in questo fantomatico equilibrio termodinamico. E anche qualche dubbio sul “se” questo debba accadere sempre.
Intuizioni di equilibrio
Col sistematizzarsi dello studio della termodinamica, la questione dell’equilibrio è diventata sempre più un’assunzione automatica. Questo, però, non vuol dire che non sia stata mai messa in discussione.
Fatemi fare una precisazione un po’ pedante ma che secondo me calza molto a pennello con l’argomento. E mi permette di riprendere un discorso che risale persino al primo episodio di questa newsletter. La termodinamica è una teoria scientifica. E come tutte le teorie scientifiche, è soggetta ad un continuo scrutinio da parte di esperimenti.
Quindi, quando dico che l’idea di equilibrio è un’assunzione automatica, intendo dire che per lungo tempo non ci sono stati esperimenti che ci hanno dato modo di credere che sia fallata. Almeno non a grandi linee.
Fatemi spiegare un poco meglio in che consiste questa assunzione di equilibrio. Quando osserviamo un oggetto macroscopico, ci aspettiamo di trovarlo per la maggior parte del tempo in una situazione di equilibrio. Ovvero in una situazione tale per cui tutte le sue proprietà macroscopiche non cambiano più nel tempo. Magari ogni tanto interverranno dei fattori esterni che perturberanno questo equilibrio per un pò. Ma se aspettiamo abbastanza a lungo, tutto tornerà di nuovo in equilibrio. Magari un equilibrio diverso, cioè caratterizzato da proprietà macroscopiche diverse, ma di nuovo un equilibrio.
Queste perturbazioni esterne potrebbero essere di vario tipo. Ad esempio, potremmo essere noi che, afferrando una palla da bocce che se ne stava buona buona in equilibrio in un cesto, ne perturbiamo lo stato lanciandola sul campo. Ma dopo qualche metro la palla si fermerà di nuovo. Sperabilmente dopo aver rotolato abbastanza vicino al boccino.
In questo caso, il ritorno all’equilibrio è stato causato dall’attrito col terreno, che ha lentamente frenato la boccia. In partica, la boccia ha disperso l’energia che aveva ricevuto quando l’abbiamo lanciata, trasferendola al terreno sotto forma di calore. E piano piano si è fermata.
Questa è una delle intuizioni principali per cui crediamo che tutto sia destinato a tornare in equilibrio. Gli oggetti non in equilibrio tendono a disperedere (o ricevere) energia verso (e da) l’ambiente esterno, e tornare piano piano in equilibrio. È le stessa cosa che accade al bicchiere di Fanta di cui parlavo prima. In quel caso, Fanta e ghiaccio, più freddi dell’ambiente esterno della cucina, ricevono calore fino ad arrivare alla stessa temperatura della cucina. E tornano ad un nuovo equilibrio.
Tutta questa storia dell’equilibrio significa anche che non sembra possibile che esista una situazione in cui un oggetto rimanga in movimento indefinitivamente. A meno che non troviamo un modo di compensare quella dispersione di energia che lo farebbe fermare. E se ci pensate, è proprio quello che succede con i pendoli, o le lancette degli orologi. Se vogliamo che qualcosa che continui a ruotare o oscillare sempre allo stesso ritmo, abbiamo bisogno di una batteria che lo alimenti continuamente. Altrimenti disperderebbe energia verso l’esterno e rallenterebbe fino a fermarsi. E noi ci ritroveremmo ben presto in ritardo agli appuntamenti.
Come vi dicevo prima, tutta questa cosa non si applica a livello microscopico. Se fossimo in grado di osservare atomo per atomo, potremmo vederli muoversi e cambiare proprietà continuamente. Ma sempre in modo compatibile con questo stato di equilibrio esterno.
Ad esempio, non è che osserveremmo gli atomi della Fanta improvvisamente schizzare tutti insieme fuori dal bicchiere. Questo perché l’equilibrio termodinamico, a livello microscopico, appare estramamente disordinato. Le particelle si muovono ognuna per conto proprio, in direzioni e con velocità molto diverse. E sbattono continuamente fra di loro. È per questo che da fuori, il liquido della Fanta ci sembra rimanere fermo dentro al bicchiere. Perchè tutti questi movimenti in direzioni opposte in qualche modo si compensano. Per uscire fuori dal bicchiere, tutti questi miliardi di miliardi di miliardi di particelle dovrebbero magicamente mettersi d’accordo e muoversi all’unisono nella stessa direzione. Ma questo, in equilibrio, essenzialmente non succede.
Equilibri isolati
Tutto bello, ma cosa succede se non c’è nessun ambiente con cui scambiare energia? Ad esempio, se mettiamo l’orologio a pendolo dentro ad una scatola isolata da tutto il mondo esterno? Possibile che in quel caso l’equilibrio non si raggiunga mai? E che il pendolo continui ad oscillare all’infinito?
L’intuizione che ci arriva dalla termodinamica, e che per secoli non abbiamo avuto modo di dubitare, è che l’equilibrio si raggiungerebbe lo stesso. Anche in assenza di atomi dell’aria con cui disperdere l’energia, il pendolo si fermerebbe comunque. E questo perchè la dispersione di energia avverebbe all’interno del pendolo stesso.
Di nuovo, l’idea principale è quella di disordine. Quando il pendolo oscilla, il movimento di tutti gli atomi che lo compongono è molto ordinato. Tutti devono spostarsi nella stessa direzione, seguendo l’oscillazione del pendolo.
Secondo i principi della termodinamica, però, il modo in cui gli atomi interagiscono fra loro fa sì che questo ordine vada piano piano perdendosi. Con il passare delle oscillazioni, alcuni atomi inizieranno a muoversi in direzioni diverse, sbattendo fra di loro e spingendo altri a muoversi a loro volta. Man mano che questi movimenti disordinati aumenteranno, il pendolo inizierà ad oscillare di meno. Semplicemente perché molti meno atomi saranno d’accordo nel mouoversi nello stesso verso. Questa dispersione di energia verso movimenti disordinati si farà man mano più grande, fino a compensare completemante l’ordine iniziale. E il pendolo si fermerà, in equilibrio, con tutti i suoi atomi che si muovono in maniera disordinata e contrapposta.
Insomma, la termodinamica si basa sull’idea che all’equilibrio non si scappa. Perché in un modo o nell’altro l’energia si disperde in forme di movimento più disordinate. Anche se l’oggetto che stiamo osservando è completamente isolato dal mondo esterno.
Magari questa cosa di avere un insieme di atomi completamente isolati dal mondo esterno vi sembrerà strana. E in effetti non è che li incontrate facilmente camminando per strada. Tant’è che l’idea di applicare i principi della termodinamica ad una situazione così estrema è stato per lungo tempo un grosso esercizio di immaginazione. Pensato principalmente per comprendere a livello teorico le implicazioni della teoria della termodinamica.
Ma ora la situazione è abbastanza diversa. Molti dei prototipi di computer quantistici e simulatori quantistici sono a conti fatti un insieme di atomi estremamente isolati. Spesso messi all’interno di un contenitore che crea un stato di vuoto quasi assoluto. Cioè elimina qualunque altra particella che si possa trovare al suo interno.
E quindi ci ritroviamo in una situazione in cui possiamo effettivamente provare a riprodurre la nascita dell’equilibrio in un insieme di atomi isolati. Non solo, ma le prestazioni tecnologiche dei computer quantistici ci permettono di analizzare questo fenomeno atomo per atomo. Per capire se effettivamente questa dispersione di energia verso forme più disordinate avviene davvero.
Tant’è che lo studio della cosiddetta “equilibration”, cioè nascita dell’equilibrio, è diventato negli ultimi anni una delle applicazioni più dirette dei simulatori quantistici.
I time crystal
E qui imbocchiamo finalmente la strada che vi porta verso l’esperimento sui time crystal di Google.
La ricerca nel campo della nascita dell’equilibrio in insiemi di atomi isolati ha dato negli ultimi anni dei risultati particolarmente sorprendenti. Si sono aggiunte evidenze di fenomeni in cui, ad esempio, la dispersione di energia verso comportamenti disordinati non avviene. Neanche se aspettiamo molto a lungo. Questo è il caso di un fenomeno che viene chiamato many-body localisation ed è ancora soggetto a molti studi, per essere compreso meglio.
Gli studi sulla many-body localisation hanno stimolato la scoperta di un fenomeno ancora più sorprendente. Quello dei cosiddetti cristalli temporali, o time crystal.
Teorizzato per la prima volta in un articolo scientifico pubblicato nel 2016, il fenomeno dei time crystal rappresenta una rottura molto forte del concetto di equilibrio. Gli atomi in un time crystal, infatti, hanno un comportamento che rimane stabile nel tempo, come sarebbe in un caso di equilibrio. Ma pure essendo stabile, ci sono proprietà macroscopie di questi atomi che cambiano nel tempo.
Gli atomi di un time crystal si comportano come un orologio a pendolo. Oscillano continuamente tra due stati. Al contrario dell’orologio a pendolo, che secondo la termodinamica piano piano rallenta fino a fermarsi, un time crystal non finisce mai di oscillare. Rimane stabilmente in uno stato di non equilibrio. In cui gli atomi continuano a comportarsi tutti nello stesso modo, non cadendo mai in comportamento disordinato.
Nella pratica, come è fatto un time crystal? Ci sono degli atomi, disposti idealmente in una linea. Ognuno degli atomi interagisce principalmente con i suoi due vicini, quello di destra e quello di sinistra. L’interazione è guidata da una proprietà degli atomi chiamata spin, che si comporta in maniera molto simile allo spin dei fotoni (di cui vi ho parlato qui). Se lo spin di un atomo punta in alto, in direzione verticale, tenderà ad influenzare la direzione dello spin degli atomi vicini. E lo stesso accadrà se punta in basso, a destra, a sinistra, e così via. L’intensità di questa interazione sarà diversa da atomo ad atomo.
Il secondo ingrediente fondamentale di un time crystal è uno stimolo esterno, ad esempio un laser. Che stimola costantemente gli atomi a cambiare direzione dello spin. Immaginatevelo come una fonte di calore costante, che continua ad irradiare gli atomi con energia.
La particolarità di un time crystal è che, nonostante sia soggetto a questa sorta fonte di calore costante, non assorbe mai energia. Ma raggiunge uno stato di non equilibrio in cui ogni atomo oscilla tra uno stato di spin che punta in basso e uno che punta in alto.
Se guardiamo gli atomi tutti insieme, praticamente vedremo che ad intervalli regolari, gli spin si capovolgeranno tutti insieme. Ad esempio, se all’inizio abbiamo che i primi dieci spin puntano
su su su giù su giù giù giù su su
Dopo 2 secondi li vedremmo puntare
giù giù giù su giù su su su giù giù
dopo altri 2 secondi, di nuovo
su su su giù su giù giù giù su su
e così via, potenzialmente all’infinito.
A conti fatti, il time crystal si comporta come un orologio a pendolo che non si ferma mai. E che, nonostante abbia a disposizione una batteria per ricaricarsi (in questo caso il laser), non la utilizza mai. Però il fatto stesso di averla a disposizione fa sì che il time crystal rimanga stabilmente in questo stato di non equilibrio periodico.
L’esperimento che è stato pubblicato qualche mese fa da Google ha usato un computer quantistico per simulare il comportamento di un time crystal. I qubit del computer rappresentavano i vari atomi. Il valore 0 di ogni qubit corrispondeva allo spin che puntava in su, mentre il valore 1 allo spin in giù. La simulazione quantistica è stata fatta in forma digitale, ovvero spezzettando il comportamento degli atomi in tanti fotogrammi separati fra di loro.
Per convincersi di aver effettivamente riprodotto un time crystal, il team di ricerca di Google ne ha studiato in dettaglio il comportamento. E ad esempio ha potuto osservare il comportamento oscillatorio dello spin degli atomi, come vedete in questa figura, presa direttamente dall’articolo su Nature
A destra, lo spin di un atomo che oscilla tra il puntare verso l’alto (valore 1 sull’asse y) e puntare verso il basso (valore -1 sull’asse y). A sinistra, il paragone con cosa succederebbe se gli atomi raggiungessero l’equilibrio, e assumessero un comportamento disordinato, perdendo l’oscillazione.
Fatemi fare un commento finale. Forse noterete che l’ampiezza dell’oscillazione diminuisce nel tempo. Vuol dire forse che in realtà anche un time crystal smetterebbe di oscillare se aspettassimo abbastanza, come nel caso del pendolo? Quello che ci aspettiamo è che in un caso perfetto non accadrebbe. Il fatto che le oscillazioni nell’immagine si riducono è dovuto ad imperfezioni nella simulazione. In pratica errori commessi dal computer quantistico, che piano piano si accumulano peggiorando la qualità della simulazione.
E con questo chiudo il quattordicesimo episodio della newsletter. Questa volta dedicato ad un viaggio nel mondo del non equilibrio. Uno dei reami che stiamo riuscendo ad esplorare proprio grazie all’utilizzo dei simulatori quantistici. Spero che l’episodio sia piaciuto e vi abbia stimolato una sana dose di curiosità.
Commentate qui
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Nel frattempo, noi ci rileggiamo - stavolta spero per davvero - fra due settimane.
A presto!
Un disclaimer finale
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